giovedì 7 aprile 2011

Dal blog del petrarcabasket

Giovedì 7 aprile
Dopo il "no" al progetto B-Dil promosso dalla FIP PD 
Il Petrarca Basket sarebbe interessato a rilevare il titolo sportivo della Pallacanestro Gattamelata Padova, squadra sul punto di retrocedere dalla Serie B-Dilettanti (ex-Serie B2) alla C-Dilettanti (ex-Serie C1).
Questo per il Petrarca significherebbe un salto di categoria dalla C2 alla C1 e il passaggio sa un campionato regionale ad uno nazionale.


Mercoledì 6 aprile

Una B-Dilettanti per Padova?

Parole, parole, parole... cantava Mina 

È arrivata la primavera anche nella grigia pianura padana.
C’è il sole e il cielo è di un azzurro stupendo. Le giornate si stanno allungando e c'è più tempo per stare all'aperto, incontrarsi, confrontarsi e chiacchierare. Anche di basket. Talvolta di fantabasket.
Nelle palestre, nelle segreterie, nei bar, nei parchi, perfino dal barbiere (e non è uno scherzo) girano voci curiose. Sul basket padovano, sulla prossima stagione delle principali società patavine, e via così.
Chi siamo noi per privarci del piacere di pubblicare alcune di queste voci?

Il Comitato Provinciale di Padova ha riunito ad un tavolo Petrarca Basket, Virtus Padova e Gattamelata Padova per vedere se queste tre componenti, supportate politicamente dalla FIP di Padova, erano interessate ad una wild card per la prossima Serie A-Dilettanti (ex-Serie B1, e futura lega di sviluppo).
La A-Dilettanti costa troppo e non si vuole fare il passo più lungo della gamba.
Perché  non ripiegare su una B-Dilettanti (grazie al probabile ripescaggio della Gattamelata), formata sempre dalle tre componenti già citate, con guida tecnica e staff super partes per evitare dissapori?
In quest’ottica anche la formazione juniores (l’Under19 Ecc.) sarebbe una squadra formata dalle tre componenti Petrarca-Virtus-Gattamelata. Anche questa con guida tecnica e staff super partes per evitare dissapori?
L’impianto di gioco c’è già, ed è l’ex PalaSport San Lazzaro (attuale PalaFabris).

A noi del blog NON ufficiale del Petrarca Basket sembra puro fantabasket primaverile causato dal caldo eccessivo di questi giorni; e voi, cosa ne pensate?

Opinioni sul basket padovano

Dal sito dell'albignasegobasket
OPINIONI: UNA CHIAVE DI LETTURA SULLA CRISI DEL BASKET NOSTRANO 
«Il prodotto basket, a livello di prima squadra, non è stato negli ultimi anni mai oggetto di un vero progetto di promozione, di un investimento almeno di medio termine teso a costruire una realtà di vertice nella quale tutti i tifosi o semplici appassionati o spettatori potessero identificarsi»
di Marcello Granato* 
Il tema della cosiddetta crisi del basketpadovano è stato più volte affrontato, in varie sedi, visto che è da anni che si afferma che la pallacanestro nostrana non goda di buona salute.
Eddy Cagnin, capitano di mille battaglie al Gattamelata
- Partirei proprio dalle parole di Diego Favaro, giocatore del Carvens Albignasego, che in una recente intervista apparsa sul sito della squadra per la quale milita ha affermato: "Ma siamo veramente sicuri si tratti di crisi? Oramai, è vent'anni che sento parlare di questa benedetta crisi. Nel 1991, quando ero soltanto uno juniores, i presidenti diVirtus e Petrarca volevano unire le forze per allestire un'unica formazione competitiva. Poi, a causa di divergenze e campanilismi non è mai stato fatto nulla. Tutti hanno il loro giocattolo e guai a chi glielo tocca. Tuttavia, squadre che coltivavano ambizioni professionistiche dovrebbero guardare soprattutto allo sviluppo del settore giovanile. In ogni caso, è soltanto una società padovana a risentire la crisi vera e propria. Tutto sommato, sebbene siano finiti i soldi che giravano una volta, Virtus Broetto eFelmac stanno bene. Il punto è che non vi sono più figure intenzionate a investire sulla pallacanestro. Mecenatismo? Chiamatelo come volete, ma a Padova ora come ora avvertiamo una grave carenza di risorse. BernardiBosello, lo stesso De Marchi e Benetton, in modo diverso a Limena, sono gli unici appassionati disposti a mettere soldi".


- Con poche frasi vengono toccati vari aspetti che, messi insieme, aiutano a fotografare una realtà complessa. Il discorso, sul quale ci si potrebbe soffermare molto più a lungo, può essere per semplicità considerato da due prospettive.

*Chi è?
Marcello Granato, 28 anni, giornalista pubblicista, segue da anni le evoluzioni della pallacanestro padovana, veneta nazionale e internazionale. Appassionato ed esperto del pianeta Nba, ha scritto per diverso tempo con il mattino di Padovae all’interno di siti specializzati. È stato autore e conduttore della trasmissioneBasket Jump, che fino all’anno scorso è andata in onda su Triveneta Tv network. Ex promessa cestistica, è cresciuto nelle giovanili della Virtus allenandosi nella mitica palestrina di via dei Tadi. Vive a Padova insieme al padre Carmine e al fratello Massimiliano, entrambi giornalisti.
  








Il settore giovanile. Se si fa il confronto con il passato, più e meno recente (rispettivamente:Petrarca Padova in A2 a metà degli anni ’90 e successivamente in B d’Eccellenza, fuso col Patavium, fino al 2005; ancora il Petrarca Padova classificatosi terzo in serie A nel 1966), è ovvio che la pallacanestro di vertice, e sottolineo di vertice, stia passando uno dei momenti peggiori della sua storia. Dopo la retrocessione del 2005 del PataviumPetrarca dalla B d’Eccellenza, infatti, nelle 2 stagioni successive a Padova la categoria più alta che si è vista è stata la C1(il primo anno con la sola Melsped, l’anno seguente con Melsped e Virtus), e così probabilmente sarà anche nel prossimo campionato, visto quanto successo in casa Gattamelata e salvo possibili acquisizioni di diritti.

La base, però, pare che goda di buona salute. O meglio, anche qui bisogna intendersi. I vertici della Federazione e molti allenatori mostrano con orgoglio la crescita a livello numerico dei praticanti a Padova e provincia e il successo delle iniziative che coinvolgono sempre più ragazzi. Non parlo solo del Mazzetto e delTorneo della Befana, forse i più noti, ma anche di tante piccole e grandi iniziative che consentono alla pallacanestro di svolgere il suo ruolo più importante, ossia quello sociale, aiutando i ragazzi a formarsi come persone prima ancora che come buoni giocatori. Lo sforzo di tutti quelli che si impegnano in questo senso è a dir poco encomiabile, e i risultati sono tangibili e concreti. Altri addetti ai lavori, però, fanno notare che fondamentale è anche la qualità di unsettore giovanile, e questa si valuterebbe sulla base del numero di ragazzi che, finita la trafila delle squadre suddivise in base all’età anagrafica, riesce a trovare spazio nelle società sportive più importanti, soprattutto a livello professionistico. E qui, invece, si torna ad una situazione misera rispetto al passato: penso non ci sia nemmeno bisogno di snocciolare i soliti nomi dei cestisti padovani che hanno avuto serie esperienze nel professionismo – chi si interessa anche minimamente di questi argomenti li conosce a memoria – né citare quei pochi che recentemente hanno fatto un po’di strada (tra l’altro meno di quanta ci si attendeva) o quelli da cui ci si aspetta qualcosa (a loro, ovviamente, un grande in bocca al lupo). Verrebbe da concludere, quindi, che i risultati delle prime squadre e quelle dei settori giovanili siano collegati: da dove partire, allora, per migliorare la situazione? E cosa fare? Dirò una cosa banale, ma è chiaro che, nell’uno come nell’altro caso, sia soprattutto una questione di risorse economicheE’ investendo, nel senso letterale del termine, che si può fare reclutamento, scoprendo i ragazzi potenzialmente più capaci con la palla a spicchi e dando loro la possibilità di spostarsi laddove li si voglia far giocare (leggi foresteria o possibilità di andarli a prendere e riaccompagnarli). E’ investendo, sempre nello stesso senso, che ci si possono permettere gli allenatori più in gamba, che potranno far crescere adeguatamente i suddetti ragazzi. E di solito sono proprio le società più forti economicamente che riescono, prima o dopo, ad accaparrarsi gli atleti più bravi, prospettando un percorso di crescita - magari anche grazie ai contatti con altre prime squadre nelle varie categorie - che sarebbe loro precluso nelle realtà più piccole.

Un basket più giovane e sociale

Preso atto che a Padova le grandi somme nel basket non girano, penso che sia di vitale importanza innanzitutto che le società possano continuare a svolgere la loro funzione sociale, considerando fino ad una certa età questo sport soprattutto come ungioco e dando la possibilità, a chi magari si dimostra meno bravo di altri, di poter comunque continuare a praticarlo, evitando un’eccessiva selezione (come invece succede nel calcio). Al contempo, però, le società dovrebbero perseguire sempre di più la strada della collaborazione per far crescere nella maniera migliore gli atleti più bravi - guidati dagli allenatori più seriamente impegnati e capaci - schierandoli magari insieme in squadre competitive che possano avanzare nei tornei di eccellenza in cui sono impegnate. Tutto questo nei limiti delle risorse a disposizione, ovviamente.
Tanto per fare un esempio, quando avevo 18 anni mi capitò di svolgere qualche allenamento con la squadra degli juniores nazionali del Patavium, allenata da Massimo Caiolo e formata da ragazzi provenienti da varie società del padovano, tra cuiVirtus e Petrarca. Quella formazione raggiunse un traguardo prestigioso, arrivando a disputare le finali nazionali di categoria (e vincendo anche una gara).





Le prime squadre. Nutro un profondo rispetto per tutti quelli che sono impegnati nella pallacanestro, e sono convinto che molte prime squadre di provincia, che militano nei campionati regionali, abbiano più senso di altre realtà di categoria superiore. Tuttavia, quando si parla della crisi del vertice del nostro basket, si prendono in considerazione le serie nazionali, e soprattutto quelle professionistiche (di nome o di fatto, perché nella vecchia B d‘Eccellenza giravano compensi che poco avevano a che fare con l’attività dilettantistica). Qui è buio fitto, c’è poco da girarci intorno. Diego Favaro dice che sente parlare di crisi dai primi anni ’90, e infatti è grosso modo in quegli anni che tutto il movimento ha subito un ridimensionamento, salvo, proprio a metà di quel decennio, la parentesi del Petrarca, tanto bello nei momenti di massimo splendore (la collaborazione con la Benetton Treviso che fece arrivare a Padova primaMarconato e poi Chiacig, futuri pivot della Nazionale, la riedizione del duo Tonzig-Bonetto, le belle partite, spesso vittoriose, contro squadre in cui militavano campioni come Mike MitchellCarlton MyersMarioBoni e altri) quanto triste nelle retrocessioni e poi nella sparizione dai campi nazionali.  









La Virtus, dopo l’acuto della A2 con Vicenza, è ripartita addirittura dalla Prima Divisione, scalando pian piano le categorie grazie ai tanti buoni giocatori che aveva in casa. Ora, si trova in C Dilettanti, che è sì una categoria nazionale, ma quasi assolutamente negletta sul fronte mediatico, con un livello tecnico di anno in anno sempre più basso e nella quale è molto più frequente trovare giocatori di medio livello o a fine carriera piuttosto che giovani promettenti che poi calchino parquet più importanti. Una serie che invece può essere considerata prestigiosa per una realtà come il Limena, società che rappresenta la pallacanestro di tutto un paese. La formazione cittadina che negli ultimi anni si è messa più in evidenza, la Gattamelata (ex Melsped e Triveneta) ha invece dimostrato come, per raggiungere risultati significativi, servano al contempo competenza e mezzi economici. La carenza di quest’ultimi ha causato i recenti problemi, ma non va dimenticato che 2 anni fa la stessa società, che aveva più risorse ma disputava un girone di B dove in altre piazze giravano cifre ben più corpose, era arrivata ad un passo dal conquistare la A Dilettanti, persa in finale contro Verona dopo aver dominato la stagione regolare. E questo grazie al lavoro di selezione dei giocatori da parte di una dirigenza che, in questo settore, ha dimostrato di sapersi ben comportare.
E qui si apre un altro versante di discussione, ossia quello della piazza e dei dirigenti. La realtà è infatti che, qualora l’allora Triveneta fosse salita nella ex B d’Eccellenza, non avrebbe avuto nell’immediato nemmeno a disposizione un palazzetto con la capienza minima richiesta per la categoria. E prima di tornare pochi mesi fa al Pala Fabris (o San Lazzaro, come tutti ancora lo ricordano), la squadra ha giocato varie stagioni ad Albignasego, cambiando addirittura denominazione sociale per onorare l’ospitalità offertale dal comune di provincia. Come mai a Padova il basket, come si suol dire, non fa tela? In parte questo è dovuto al fatto che le formazioni militano in categorie basse, magari per la Gattamelata ha anche inciso non avere un proprio settore giovanile, ma non è che a Rubano gli spalti trabocchino di ragazzini in tuta neroverde che inneggiano alla Virtus.  



D’altronde mi ricordo personalmente che la stessa Floor Padova in A2, con CambridgeMarconatoTonzig eBonetto, faticava a riempire il San Lazzaro, pur offrendo un bello spettacolo. Mentre invece due anni fa la TezenisVerona, in B Dilettanti(cioè due serie sotto rispetto alla A2), a volte attirava quasi 2 mila persone al palazzetto per le gare più importanti.


Torna in gioco anche il vecchio luogo comune dei padovani un po’ freddi, che come tutti i luoghi comuni ha anche un fondo di verità. Ma che da solo rischia di diventare fuorviante, specie in una piazza in cui icampanilismi ci sono e continuano a farsi sentire e in cui il prodotto basket, a livello di prima squadra, non è stato negli ultimi anni mai oggetto di un vero progetto di promozione, di un investimento almeno di medio termine teso a costruire una realtà di vertice nella quale tutti i tifosi o semplici appassionati o spettatori potessero identificarsi.
A detta dei dirigenti è difficile trovare gli sponsor, ma può essere anche che chi i soldi li ha evidentemente non trovi interesse nell’investirne una parte nella pallacanestro, forse perché, complici anche i fattori di cui sopra, reputa che ci siano vari altri campi (magari in altri sport) dove valga la pena impegnarsi. Dove magari ci siano dei progetti che possano garantire, oltre a quello fiscale (che è importante ma non decisivo), un qualche ritorno economico (perché quello di immagine è davvero minimo: non penso che l’impresa edile Broetto Costruzioni e l’azienda siderurgica e metallurgica Felmac acquistino nuovi clienti per aver messo il loro nome in bella vista sulle maglie, rispettivamente, di Virtus e Limena): entrare in un determinato giro deve portare agli imprenditori di turno maggiori opportunità per la loro attività (mi viene in mente Marcello Cestaro, patron del calcioPadova, e il suo progetto del centro commerciale vicino allo stadio).
Parliamoci chiaro: è un problema che diventa sempre più critico anche in realtà più floride, vista la recessione economica, ma forse anche qui, unendo le forze e lavorando insieme, qualcosa di meglio si potrebbe fare. Quale l’obiettivo? Difficile dirlo.
 
Attualmente il professionismo è un’utopia, a maggior ragione in un momento in cui molte società diLegadue faticano ad andare avanti e si prospetta una serie A a 20-22 squadre con retrocessioni bloccate per 3 anni e tutto il resto dilettantismo.


Meglio fare un passo alla volta, pianificando sì, ma in maniera concreta. Perché se è vero che avere un mecenate in casa può essere una questione di pura fortuna – e, come fa Diego Favaro, è giusto ricordare i vari Bernardi, Bosello e De Marchi - è anche vero che se si costruiscono realtà ben gestite e organizzate è più facile creare quei contatti che, a lungo andare, con un intenso lavorio, possano attirare sponsor di livello, soprattutto in un Paese in cui le amicizie e le conoscenze risultano ancora fondamentali. Nel frattempo, meglio fare il passo alla portata della gamba, senza tuttavia farsi prendere dallo sconforto e pensare che non ci siano alternative alla situazione attuale; mentalità, questa, che rischierebbe di soffocare anche quelle istanze di cambiamento positivo che sono sicuro ci siano all’interno del movimento cestistico nostrano.


Finita la piccola pausa